In una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha chiarito che la verifica, da parte del committente, dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria va fatta indipendentemente dalla stipula del contratto con la stessa. Così come verificatosi nel caso sottoposto al suo esame, la suprema Corte ha avuto modo di precisare che è infatti sufficiente una prestazione d’opera preliminare alla fase della stipula del contratto d’appalto stesso.
IL CASO: UN INFORTUNIO MORTALE DURANTE UN SOPRALLUOGO
Tutto ha avuto origine durante un sopralluogo preventivo, che il titolare dell’impresa affidataria stava facendo nell’azienda del committente per rendersi conto della tipologia di lavoro da fare e del materiale necessario per sistemare il tetto del capannone. In tale situazione si è verificato l’infortunio mortale dello stesso titolare dell’impresa affidataria.
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE
Il Tribunale ha condannato un socio accomandatario di una società in accomandita semplice, nonché committente di alcuni lavori di riparazione del tetto del capannone industriale sede della società, alla pena di euro 4.000 di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, per avere omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice.
IL RICORSO IN CASSAZIONE
Avverso alla suddetta pronuncia l’imputato, per il tramite del difensore, ha proposto ricorso in Cassazione articolando alcune motivazioni:
– lamentando di essere stato erroneamente ritenuto parte committente del contratto di appalto essendosi invece lo stesso limitato soltanto a richiedere un preventivo, senza esserne però la proprietaria ma soltanto la locatrice finanziaria, precisando che non era intervenuto alcun contratto di appalto con il titolare dell’impresa edile;
– precisando di non essere presente al momento del sopralluogo, che non vi era prova della pattuizione di un corrispettivo, che non gli era stato inviato alcun preventivo;
– lamentando che il Tribunale nella sentenza impugnata era giunto a concludere che vi era stato un contratto di appalto sulla base della sola presenza all’interno del capannone di attrezzature idonee alla riparazione del tetto, senza che fosse stata accertata la proprietà del suddetto materiale che ben poteva essere costituito pertanto da strumenti della società presenti sul posto e senza che il rilievo fotografico della suddetta attrezzatura, presente nella parallela inchiesta di infortunio per omicidio colposo dalla quale il ricorrente era stato assolto, fosse stato acquisito come prova del procedimento in esame;
– mettendo in evidenza il contrasto tra la sentenza impugnata e quella pronunciata nel giudizio di omicidio colposo con violazione delle norme sul lavoro, che analizzando lo stesso fatto storico aveva escluso che fosse intervenuto un contratto di appalto tra la società in accomandita di cui l’imputato era l’accomandatario ed il titolare dell’impresa.
LE DECISIONI DELLA SUPREMA CORTE
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del committente in quanto il Tribunale aveva fondata la responsabilità del ricorrente sulla culpa in eligendo, costituita nella mancata verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa.
Il rapporto intrattenuto con il titolare dell’impresa per la riparazione del tetto del capannone si era comunque articolato nel consentire al preteso titolare della ditta edile di effettuare un sopralluogo presso la struttura danneggiata, salendo cioè sul tetto del capannone e verificando in concreto le opere necessarie alla sua riparazione.
Le misure generali di tutela della salute e sicurezza sul lavoro implicano la valutazione preventiva e l’eliminazione dei rischi in relazione ai lavori da eseguire e pongono a carico del committente, sin dalla fase di progettazione dell’opera e delle conseguenti scelte tecniche, fra cui la verifica nell’ipotesi di cantieri temporanei dell’ idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria, la quale implica l’iscrizione di quest’ultima alla Camera di Commercio e l’autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti previsti dalla normativa di settore.
Il giudice di merito aveva ritenuto la culpa in eligendo dell’imputato non essendo l’impresa più attiva da alcuni anni ed essendo cessata l’attività di artigiano edile del preteso titolare ancor prima. L’insussistenza dei titoli di idoneità prescritti dalla legge in capo alla ditta esecutrice dell’opera, la cui verifica configura adempimento preliminare da parte del committente rispetto a quella da effettuarsi in concreto in relazione alla capacità rispetto alla tipologia dell’attività commissionata, ha così concluso la Corte di Cassazione, consente di ritenere che la sentenza impugnata fosse scevra dai vizi lamentati sul piano motivazionale.
Fonte: Gerardo Porreca su puntosicuro.it