Il datore di lavoro è tenuto alla formazione ed informazione dei lavoratori. Un mancato adempimento di tale obbligo comporta, in diretta conseguenza, delle sanzioni. A far chiarezza sull’entità di tali sanzioni è stata la Corte di Cassazione in una sentenza che ha rideterminato la pena imposta precedentemente dal Tribunale nei confronti degli imputati facenti capo ad un’impresa edile.
LA SANZIONE DEL TRIBUNALE
Il Tribunale ha condannato il datore di lavoro di un’impresa edile, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’impresa e il direttore tecnico di cantiere alla pena di € 2.000,00 di ammenda, oltre alle spese processuali per non avere fornito, nelle rispettive qualità, i necessari dispositivi individuali di protezione e una adeguata informazione e formazione ai lavoratori sui rischi generici e specifici nel luogo di lavoro ed in materia di sicurezza e salute con particolare riferimento alle mansioni da ciascuno svolte.
IL RICORSO IN CASSAZIONE
A seguito della sentenza del Tribunale, gli imputati hanno presentato un ricorso alla Corte di Cassazione. Le motivazioni con i quali i soggetti interessati si sono appellati alla suprema Corte adducendo come motivo fondamentale la violazione e una falsa applicazione degli art. 18, lett. l) e 55 del D. Lgs. 81/08, in relazione all’art. 1 del codice penale ed ai principi di legalità e tassatività (art. 606, lett. b, c.p.p.) per essere stati condannati per la violazione di una norma, per l’appunto l’art. 18, comma 1 lett. l) che non rientrava tra quelle disposizioni precettive la cui violazione, ai sensi del successivo art. 55, era presidiata da sanzione penale. I ricorrenti si sono inoltre lamentati perché il Tribunale aveva ritenuto inattendibili alcuni testi esclusivamente sulla base di una preconcetta sfiducia nei loro confronti e non aveva tenuto conto della documentazione attestante che la società era in regola con gli adempimenti assistenziali e previdenziali di maggior rilievo economico ( il che avrebbe dovuto indurre un giudizio di inverosimiglianza della mancata osservazione della normativa in materia di sicurezza) e non aveva tenuto conto delle dichiarazioni di un lavoratore rilasciate alla Polizia giudiziaria di aver ricevuto tutti i dispositivi individuali di protezione.
LE DECISIONI DELLA SUPREMA CORTE E LE “GIUSTE” SANZIONI
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo, mentre ha ritenute generiche le altre contestazioni dei ricorrenti, e ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata solo limitatamente alla contravvenzione di cui all’art. 18 comma 1 lett. l del D. Lgs. n. 81/2008 perché il fatto non è previsto dalla legge come reato rideterminando la pena in € 1.500,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 18 comma 1 lett. d del D. Lgs. n. 81/2008.
La violazione dell’art. 18 comma 1 lettera l) contestata agli imputati, ha osservato la Corte suprema nella sentenza non è reato in quanto la stessa non rientra fra le disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione penale (ai sensi dell’art. 55 del D. Lgs. n. 81/2008).
DELLE CONCLUSIONI CONTROVERSE
Le conclusioni alle quali è pervenuta la suprema Corte nella sentenza riguardanti gli obblighi di informazione e formazione dei lavoratori paiono controverse in quanto gli stessi sono previsti dagli artt. 36 e 37 dello stesso D. Lgs. n. 81/2008, ai quali del resto rinvia l’art. 18 comma 1 lettera l), il cui inadempimento, secondo quanto indicato nell’art. 55 comma 5 lettera c), è punito con la pena, per entrambe le violazioni, posta a carico del datore di lavoro e del dirigente dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.315,20 a 5.699,20 euro.
Fonte: Gerardo Porreca su puntosicuro.it